lunedì 31 gennaio 2011

The Last Day.

I raggi di quel sole di luglio bruciavano nel posarsi sulla pelle. Leggere gocce di sudore le si stavano formando sulla fronte, le palpebre, stanche per il lungo viaggio, minacciavano di chiudersi da un momento all'altro.
Tirò su gli occhiali da sole per tentare di domare quei capelli che da li a breve avrebbe tagliato e trascinando quella valigia rosa che l'accompagnava in ogni suo viaggio si avvicinò alla macchina che l'avrebbe portata a casa. Il finestrino aperto le permetteva di riassaporare l'aria di campagna che le era tanto mancata. La sua pelle color nocciola profumava ancora di salsedine, incastrati nella benda che le fasciava il piede sinistro c'erano ancora dei piccoli granelli di sabbia.
La macchina rallentò per poi fermarsi, era a casa. Sorridendo scese e salutò distrattamente le persone che si arano avvicinate per darle il bentornato..Ma la sua testa andava altrove. Volava lontano, da quel ragazzo che ultimamente era strano, lo sentiva lontano come non mai..Ma tutto si sarebbe sistemato adesso che lei era tornata.
Scacciò quel pensiero e si avvicinò alla porta di casa...Quella maniglia, lo sricchiolio leggero della porta, quel profumo...Le erano mancati. Zoppicando andò in camera sua e spalancò la finestra. Nemmeno una nuvola in cielo. Ammirava il paesaggio attorno a se come se fosse la prima volta.. Le montagne, i paesi costruiti sui crinali, la Pieve...Ma non riusciva ad andare più in là, dove era Lui.
Era l'ora di cena, scendendo si promise di non pensare alle domande che inevitabili le occupavano la mente, e così fece.
Il sole aveva ormai abbandonato quel 15 luglio quando decise di farsi una doccia per provare a rilassarsi. L'acqua bollita le tamburellava sul corpo, quando improvvisamente si sedette ed iniziò a piangere. Il Suo silenzio la distruggeva. Era stata via solo una settimana, ma era bastata a cancellare tutto ciò che avevano creato, lo sentiva distante, si sentiva sola. Pianse per buttare fuori quella settimana di incertezze, per sfogare la disperazione accumulata. Avrebbe voluto correre da Lui, ma non poteva.. Decise allora di chiamarlo. Uscì dal torpore dell'acqua calda e asciugatasi compose il numero. Le mani le tremavano, il cuore le esplodeva nel petto. Si sedette poiché le gambe le erano diventate come di gelatina. Le Sue parole furono coltelli affilatissimi, le perforarono il corpo. Le si annebbiò la vista per il dolore, il cervello sembrava volerle scoppiare. NO! Non poteva essere... Le lacrime le rigavano il volto e cadevano su quel cuscino azzurro ormai bagnato, si stava mordendo il labbro con tutte le sue ormai esili forze. Tutto le stava crollando addosso. Stava lì, rannicchiata in quel letto che la conosceva bene, straziata dai singhiozzi sempre più violenti. Stringeva forte tra le braccia quel peluche dal suo profumo e pregava che fosse solo un brutto sogno. Le girava la testa e gli occhi ormai rossi le bruciavano come carboni ardenti. Il mondo stava finendo, il suo mondo stava finendo. Le mani incerte ripresero in mano quel telefono lanciato lontano e chiamò quell'amica che sarebbe arrivata da lì a dieci minuti. Nell'attesa scese in giardino e si sedette sotto il cielo stellato. Cercò la stella polare e si lasciò avvolgere dalla tristezza che non l'avrebbe abbandonata nemmeno sei mesi dopo.

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